On Andrea Morelli's new album, "Waves", three close-knit musicians explore the expressive possibilities offered by the sax trio. If the starting point of the Hard Up Trio is solid hard bop, then these nine tracks show us how Andrea Morelli, Massimo Spano and Alessandro Garau can move the barycentre towards different directions. First of all, there is the groove of opener, "Australopithecus", and the slightly Caribbean reflections of "Waves". Then a quick ex cursus in the radical seasons with the thoughtful "Calma Platta", and the articulated path of "Rithim no Change". There is also the pressing step of "Toledo", and the more metropolitan and nervous dimension on "Sync", plus the calm and intimate blues of "Internal Space". A ballad, "Solitude", is interpreted with fluid intensity and then the final and fast "Jungle Bells", on with which the trio gets closer to the atmosphere of bop.
The sound spectrum is widened by the choice of the three saxophones used by Morelli: above all tenor, and then soprano and sopranino: in this way, the songs take obviously different accents, while maintaining a background coherence that animates the whole album and comes from the aesthetic foundations chosen by the trio. The jazz of the fifties and early sixties, are Andrea's heroes and his logic, the vocabulary of sound and the substance of language: the references to Monk, Rollins, Ornette Coleman or Wayne Shorter - but also to Horace Silver and Dizzy Gillespie and, of course, to many other musicians of those seasons - is filtered through the agile formula of the sax trio and through the always convincing interplay between the three musicians."Waves" is part of the traditions of jazz: Morelli, Spano and Garau let us understand how they have listened and analyzed the records of the jazz greats and have deepened and developed their own way of interpreting from a comparison - fertile and not merely imitative - with the notes and the spirit of those works. - Fabio Ciminiera
Tre musicisti affiatati esplorano le possibilità espressive offerte dal sax trio. Se il punto di partenza dell'Hard Up Trio è un solido hard bop, le nove tracce ci mostrano come Andrea Morelli, Massimo Spano e Alessandro Garau spostino il baricentro verso direzioni diverse. Innanzitutto, il groove dell'apertura di Australopithecus e i riflessi lievemente caraibici di Waves, un veloce ex cursus nelle stagioni radicali con la riflessiva Calma Piatta e con il percorso articolato di Rhythm no Changes, il passo incalzante di Toledo e la dimensione più metropolitana e nervosa di Sync, il blues pacato e intimo di Internal Space, una ballata, Solitude, interpretata con disposizione fluida e intensa e la conclusiva e veloce Jungle Bells, con cui il trio si riavvicina alle atmosfere del bop.
Lo spettro sonoro viene ampliato dalla scelta dei tre sassofoni utilizzati da Morelli: tenore, soprattutto, e poi soprano e sopranino: in questo modo, i brani prendono accenti ovviamente diversi, pur mantenendo una coerenza di fondo che anima tutto il disco e proviene dal riferimento continuo alle fondamenta estetiche scelte dal trio. Il jazz degli anni Cinquanta e dell'inizio degli anni Sessanta, i suoi eroi e le sue logiche, il vocabolario sonoro e la sostanza del linguaggio: il riferimento ai vari Monk, Rollins, Ornette Coleman o Wayne Shorter - ma anche ad Horace Silver e Dizzy Gillespie e, naturalmente, a molti altri musicisti di quelle stagioni - viene filtrato attraverso la formula agile del sax trio e attraverso l'interplay sempre convincente tra i tre musicisti. Pur senza rinunciare al proprio punto di vista, Waves si colloca nell'alveo delle tradizioni del jazz: Morelli, Spano e Garau lasciano capire come abbiano ascoltato e sviscerato i dischi dei grandi del jazz e abbiano approfondito e sviluppato il loro modo di interpretare a partire da un confronto - fertile e non meramente imitativo - con le note e con lo spirito di quei lavori. - Fabio Ciminera